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Intervento presso la 9ª Commissione Agricoltura del Senato della Repubblica

Lunedì, 23 Giugno 2014 00:00

Ecco il testo integrale dell'intervento presso la 9ª Commissione Agricoltura del Senato della Repubblica.
Il file è scaricabile anche in formato PDF (a fondo pagina).


9ª Commissione Agricoltura Senato della Repubblica

Osservazioni in merito al DDL recante

Disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività agricole del settore agricolo,
agroalimentare e della pesca (collegato alla manovra di finanza pubblica)


Signor Presidente, Onorevoli Senatori,

desidero in primo luogo ringraziarVi per la possibilità che ci avete dato di essere auditi presso la Vostra Commissione nell'ambito dell'esame di un disegno di legge così importante per l'intero settore agroalimentare e per il nostro Paese. E' la prima volta che la Ristorazione Collettiva ha la possibilità di far sentire la propria voce presso codesta Commissione e portare a conoscenza la rilevanza economica e sociale che l'intero settore riveste rispetto ai temi della nutrizione e della sicurezza alimentare.

Ferma restando la nostra convinzione circa l'utilità di questo disegno di legge nel cercare di rendere il nostro comparto agricolo maggiormente competitivo e nel voler tutelare il Made in Italy agroalimentare, vorremmo però esprimere le nostre osservazioni in relazione all'articolo 14.
Tale disposizione, infatti, al fine di tutelare le produzioni provenienti da filiera corta, agricoltura sociale, chilometro zero e produzione biologica, consente agli organismi pubblici gestori di mense, in particolare scolastiche o ospedaliere, di introdurre criteri di precedenza nelle gare per i fornitori di prodotti di tali tipologie.

In quanto soggetti destinatari di questa disposizione, desidereremmo contribuire alla formazione di tale legge portando all'attenzione della Commissione la nostra esperienza, la nostra conoscenza e le criticità che possono emergere dall'attuazione di codesta norma.

La Ristorazione Collettiva: nutrizione e sicurezza alimentare
Ogni giorno undici milioni di persone pranzano fuori casa: di questi uno su due lo fa all'interno di una mensa. Si tratta di lavoratori, studenti, ma anche degenti, anziani, militari e altro ancora. Solo nel 2012 sono stati erogati 1,6 miliardi di pasti. Per 890 mila bambini delle scuole materne e 690 mila bambini delle scuole elementari diventa cruciale l'alimentazione nelle mense scolastiche.
La nutrizione e la sicurezza alimentare diventano allora aspetti imprescindibili per il nostro settore: ogni prodotto fornito nei nostri refettori deve rispettare questi due principi fondamentali , soprattutto quando si parla dell'alimentazione di alcuni dei soggetti più deboli della nostra società, quali i bambini nelle scuole o i malati negli ospedali.
Nel settore della Ristorazione Collettiva lavorano 80.000 addetti tra i quali qualche migliaio di tecnologi alimentari, nutrizionisti e dietisti che ogni giorno si occupano con alta professionalità di verificare la sicurezza alimentare. Quest'ultima significa programmi di controllo relativi ai menù, che siano tali da rispettare i LARN (Livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti), ma soprattutto che consentano di garantire la sicurezza al consumatore finale.

Produzione biologica, filiera corta, agricoltura sociale e chilometro zero: quali sbocchi nella Ristorazione Collettiva
Come mostrato da diversi studi, tra i quali il Bioreport 2013 e i dati forniti da Bio Bank, negli ultimi cinque anni è cresciuto di oltre il 50% il numero delle mense biologiche, superando la percentuale di crescita della vendita diretta, degli agriturismi, dei negozi specializzati e dei mercatini. I prodotti biologici, insieme a quelli a denominazione DOP/IGP e alle tipicità regionali inserite nell'elenco dei prodotti tradizionali del MIPAAF, infatti, sono da anni utilizzati nelle diete giornaliere delle mense pubbliche di Regioni e Comuni. Tantissimi comuni hanno introdotto alimenti biologici nella refezione scolastica e ospedaliera pubblica, seppure con percentuali variabili, limitando la presenza del biologico a pochi alimenti base o estendendola all'intero pasto. Per quanto riguarda le aziende del settore, la distribuzione di cibi biologici arriva anche all'80% del totale, dimostrandosi la ristorazione collettiva uno dei maggiori canali di diffusione.
Ciò che, però, preoccupa maggiormente il settore è l'impatto complessivo di ciò che viene definita produzione "green", ovvero le produzioni provenienti da agricoltura sociale, filiera corta e chilometro zero, oltre che naturalmente dal settore biologico.
Tali preoccupazioni derivano sostanzialmente dalle seguenti considerazioni:

1) la Ristorazione Collettiva è un settore sui quali ricadono passivamente le scelte delle stazioni appaltanti, dovendo rispondere alle gare pubbliche per l'affidamento del servizio;

2) le stazioni appaltanti, per favorire le produzioni locali – anche in un'ottica di consenso territoriale – tendono ad inserire sempre più nel capitolato prodotti agricoli provenienti dalla filiera corta (intesa come vendita diretta), dal chilometro zero e dalla produzione "sostenibile" in generale, oltre che interventi in infrastrutture (come ad esempio, l'installazione di pannelli solari), che nulla hanno a che fare con la somministrazione dei pasti. Ciò che va modificata è la pretesa che i maggiori costi, derivanti dell'introduzione di sempre maggiori richieste e connessi a prezzi base di gara costanti se non in discesa , vengano assorbiti dalle aziende del settore;

3) rispetto ai prodotti industriali, sottoposti a stringenti controlli sulla qualità e ad una specifica normativa in merito all'etichettatura, i prodotti "green" non sempre sono sottoposti a monte alle stesse tipologie di controlli sulla modalità di produzione, anche a causa della estrema parcellizzazione del contesto produttivo. Risulta quindi difficile per le aziende della ristorazione collettiva ritenere affidabili determinati tipi di produzione. Inoltre, produzioni limitate o di nicchia non riescono a far fronte alle ingenti quantità richieste dal settore;

4) c'è il rischio che i prezzi da parte dei fornitori locali, caratterizzati da unicità e non inseriti in un contesto competitivo allargato al territorio nazionale o europeo, possano lievitare, peccare di stabilità temporale e/o mancare di un riferimento stabilito da un contesto competitivo. A tal proposito, è necessario ricordare la sentenza della Corte Costituzionale n. 292 del 6 dicembre 2013, con la quale è stata dichiarata incostituzionale la Legge della Regione Puglia n. 43 del 2012, che prevedeva "Norme per il sostegno dei Gruppi acquisto solidale (GAS) e per la promozione dei prodotti agricoli da filiera corta, a chilometro zero, di qualità", in quanto contenente disposizioni in contrasto con la normativa comunitaria in materia di libera circolazione delle merci e, pertanto, in violazione dell'art. 117, primo comma, e l'art. 120, primo comma, della Costituzione;

5) la tutela della produzione agricola italiana non può ottenersi tramite l'imposizione – per legge o attraverso i cosiddetti "criteri premianti" – dell'inserimento nei bandi di alcuni prodotti, a volte di nicchia, a scapito di altri prodotti nazionali o europei. E' necessaria piuttosto una valorizzazione dell'intera filiera agro-alimentare, di cui fa parte a pieno titolo anche la Ristorazione Collettiva.

Da uno studio effettuato da ORiCoN – Osservatorio sulla Ristorazione Collettiva e Nutrizione – considerato il costo medio di un pasto servito in una mensa oscillante tra i 3,50 e i 5 euro, è stato calcolato che i prodotti cosiddetti "green" impattano per circa 0,60-0,90 euro a pasto.
Questo comporta due conseguenza pesantissime: a) per le famiglie che, già vessate dalla crisi economica, non sono in grado di assorbire l'aumento del costo del singolo pasto, avendo anzi, già ridotto le proprie spese per consumi; b) per il settore della Ristorazione Collettiva, che vede ridurre costantemente i propri margini, e non solo a causa di tali aumenti ingiustificati del costo della materia prima. Infatti è il caso di elencare almeno altri due problemi che stanno mettendo in ginocchio l'intero settore, e che sono troppo spesso non considerati.

La stesura dei bandi di gara
Il primo riguarda la stesura dei bandi e dei capitolati d'appalto. La nostra esperienza sul campo ci ha portato a collezionare una serie di "gaffe" da parte delle pubbliche stazioni appaltanti, derivanti da una bassa cultura amministrativa e dalla mancanza di preparazione del personale, che troppo spesso portano a richieste paradossali all'interno dei capitolati d'appalto come, ad esempio, prodotti a km zero in aree fortemente condizionate da inquinamento, agrumi a km zero della pianura padana.
I capitolati, inoltre, vedono sovente l'introduzione di richieste ulteriori nei confronti degli operatori, che nulla hanno a che vedere con il servizio di somministrazione dei pasti, come l'installazione di pannelli solari piuttosto che il completo rifacimento del centro cottura. E' evidente che bandi con queste richieste aumentano ingiustificatamente il costo del singolo pasto, a scapito dei principi fondamentali citati ovvero la nutrizione e la sicurezza alimentare.
Va aggiunto, poi, un ulteriore fattore di forte distorsione della concorrenza: ovvero il cosiddetto "allegato P" per bandi di gara per servizi e forniture in base al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, previsto dall'art. 283 del DPR 207/2011 (c.d. Regolamento Appalti). In base a tale allegato, l'offerta vincitrice viene selezionata tramite una serie di calcoli i quali attribuiscono una differenza di punteggio talmente elevata in rapporto ai prezzi offerti che, in realtà, travalica ed annulla il punteggio tecnico, trasformandola di fatto in una gara aggiudicata al prezzo più basso. Ovviamente a tutto vantaggio di società "poco etiche" che tendono a non rispettare gli impegni contrattuali basandosi sulle limitate possibilità di controllo da parte della pubblica amministrazione.

L'art. 62 del DL Liberalizzazioni (DL 1/2012): la stretta sulla Ristorazione Collettiva
L'altra problematica riguarda il noto articolo 62 del c.d. Decreto Liberalizzazioni (DL n. 1/2012), che reca la Disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari. Tale norma, di cui condividiamo alla base le intenzioni nobili di proteggere il settore agricolo dai soventi ritardi di pagamento da parte di altri comparti industriali, non ha tenuto conto però di alcuni soggetti, come la Ristorazione Collettiva, rimasti "schiacciati" da una duplice morsa: da una parte, l'obbligo di pagamenti dei prodotti deperibili a 30 giorni e di tutti gli altri a 60; dall'altra, i gravi ritardi di pagamento delle transazioni commerciali da parte delle pubbliche amministrazioni, committenti diretti delle aziende della ristorazione collettiva.
Mentre da un lato si obbligano le aziende del settore a pagare entro termini stabiliti i propri fornitori e dipendenti, dall'altra si assiste al continuo mancato rispetto da parte delle PPAA della direttiva europea di contrasto ai ritardi di pagamento (direttiva 2011/7/UE), la quale, benché recepita nel nostro ordinamento, tarda ancora a mostrare i propri risultati.
Le conseguenze per l'intero settore sono devastanti, peggiorate anche dalla stretta creditizia che porta, in particolare le piccole aziende, a rinunziare a partecipare alle gare con effetto di restringere in modo inaspettato il regime competitivo: si ricorda che, invece, la Direttiva 2014/24/UE del parlamento Europeo, che sarà recepita nell'ordinamento nazionale, spinge a garantire l'accesso al mercato dei contratti pubblici alle Piccole e Medie Imprese (considerando n. 78).

Lo "strabismo istituzionale": tra tagli della spending review e l'aumento dei costi della materia prima
Bisogna infine aggiungere un'ulteriore problematica che deriva dal piano di riduzione di spesa pubblica a cui il Governo sta lavorando, e che si può paragonare ad un certo "strabismo istituzionale": da una parte, il settore subisce i tagli del 5% sull'importo dei contratti in essere, come previsto dal c.d. DL Irpef (DL 66/2014), dall'altro si chiede alle imprese di introdurre prodotti dal costo sempre più elevato (il valore del "green" impatta per circa 0,60-0,90 centesimi sul prezzo di un pasto medio del valore di 3,50 euro) e dal valore nutrizionale invariato rispetto ad altri tipi di produzioni.

Non è certo intenzione di Angem negare la necessità che la spesa pubblica italiana abbia bisogno di essere messa sotto controllo. Riteniamo tuttavia doveroso fornire alcuni elementi di contesto rispetto al servizio di ristorazione al fine di contribuire – forti della nostra esperienza sul campo – ad indirizzare i risparmi su alcuni specifici aspetti del servizio, al fine di evitare tagli pressoché lineari, i quali metterebbero in serio rischio non solo la competitività delle aziende del settore ma anche la qualità del servizio stesso.

Va premesso, innanzitutto, che sono ormai anni che il settore è sottoposto a forti contrazioni: prima della recentissima previsione del taglio del 5% degli importi dei contratti in essere per l'acquisto di beni e servizi da parte delle PA contenuta nel c.d. DL Irpef (DL 66/2014), attualmente in fase di conversione in legge, è doveroso ricordare le disposizioni contenute nel DL spending review (DL 95/2012), con la riduzione del 5% degli importi dei contratti in essere nel settore sanitario, raddoppiato successivamente dalla Legge di stabilità 2013 (L. 228/2012). A questo va aggiunta la forte crescita delle gare al massimo ribasso – sia quando sono effettivamente tali, sia quando la metodologia per la valutazione delle offerte economicamente più vantaggiosa annulla in effetti l'offerta tecnica (cfr. Allegato P, di cui sopra).
Inoltre, va fatto presente l'obbligo di adeguare i costi della ristorazione ospedaliera ai prezzi di riferimento stabiliti dall'Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici (AVCP), in caso di scostamento superiore al 20%. Tali prezzi, infatti, hanno alla base un numero molto limitato di aggiudicazioni, senza la chiara indicazione, da parte dell' Autorità competente, delle gare e delle fattispecie operative prese a riferimento (i costi variano, e non poco, in relazione sia al tipo di servizio che alle strutture a disposizione).

La razionalizzazione della spesa pubblica rispetto al servizio di ristorazione è possibile se una serie di aspetti, che influenzando direttamente il costo del pasto, vengono rivisti e ridotti senza intaccare la qualità dei prodotti e del servizio, la sicurezza alimentare e la competitività di un settore a forte intensità di lavoro.
Obbligare per legge – o tramite i criteri premianti richiesti dai bandi di gara, oltre ai criteri minimi ambientali – l'utilizzo di prodotti provenienti da filiera corta, agricoltura sociale, chilometro zero e produzione biologica, o altre produzioni definite "di qualità", si può fare, ma nella consapevolezza che tali prodotti hanno un costo assolutamente più elevato che non può essere ulteriormente assorbito dalle aziende della ristorazione collettiva, né tanto meno dalla famiglie, già in gravi difficoltà economiche, nel caso della ristorazione scolastica.

L'impegno della Ristorazione Collettiva: la collaborazione con l'Anci per la stesura delle Linee guida 
In conclusione, Angem è convinta della necessità di riportare al centro dell'attenzione e delle redazione dei bandi i due fattori imprescindibili già più volte menzionati: la nutrizione e la sicurezza alimentare.
A tal proposito, Angem e Anci (Associazione Nazionale dei Comuni d'Italia) hanno sottoscritto recentemente un protocollo d'intesa con l'obiettivo di garantire sicurezza alimentare e qualità nutrizionale agli studenti delle scuole italiane. Il protocollo – che prevede anche il coinvolgimento dell'Associazione di Res Tipica-ANCI, dell'Alleanza delle Cooperative sociali, della Fondazione Campagna Amica/Coldiretti e di Oricon – permetterà l'avvio di progetti comuni per l'emanazione di linee guida nazionali ai fini dell'affidamento del servizio di ristorazione collettiva, della valorizzazione delle produzioni locali, della promozione di campagne informative sulla corretta nutrizione, con particolare riferimento a campagne di educazione alimentare nelle scuole e di contrasto agli sprechi alimentari, nonché progetti di inclusione sociale di soggetti svantaggiati.
La collaborazione con ANCI, e con gli altri partner, permetterà la definizione di linee guida nazionali a cui tutti i Comuni potranno attenersi in modo che l'intera filiera possa offrire un servizio migliore a un prezzo competitivo. La convinzione di base è fondata sul presupposto che solo attraverso una collaborazione a livello sistemico si possano valorizzare maggiormente i prodotti agricoli made in Italy.
L'obbligo di acquisto di prodotti di nicchia (il cui impatto sull'economia nazionale è, tra l'altro, molto limitato), non solo non rende possibile per la Ristorazione Collettiva onorare gli obblighi derivanti dal capitolato d'appalto in termini di quantità adeguate, qualità garantita e prezzi in linea con il mercato, ma non è in grado di valorizzare l'intera filiera agroalimentare, soggetto oggi più che mai strategico per la crescita dell'intera economia nazionale.

In conclusione per salvaguardare il settore è necessario:

  1. a) riportare al centro dei bandi di gara la nutrizione e la sicurezza alimentare
  2. b) rispettare la revisione della spesa pubblica senza però gravare su famiglie e imprese del settore
  3. c) valorizzare l'intera filiera agroalimentare italiana.


In sintesi, Angem propone di:

  • - evitare l'introduzione per legge di criteri di priorità nelle gare concernenti i servizi di fornitura di somministrazione dei pasti per l'inserimento di prodotti agroalimentari provenienti da operatori dell'agricoltura sociale, nonché prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero, provenienti da filiera corta, e prodotti agricoli e alimentari derivanti dall'agricoltura biologica o comunque a ridotto impatto ambientale e di qualità;
  • - eliminare l'inserimento dei criteri premianti all'interno dei bandi di gara per l'affidamento del servizio di ristorazione collettiva, ovvero renderli effettivi e non vanificati da sistemi di selezione
  • degli aggiudicatari che annullano i benefici che ne possono derivare, favorendo invece chi propone il presso più basso ("Allegato P")
  • - riaprire la discussione in merito all'art. 62 del cosiddetto DL Liberalizzazioni (DL n. 1/2012), recante la Disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari: al fine di tutelare le aziende del settore dal grave rischio di default finanziario, dovuto da una parte dal ritardo dei pagamenti da parte delle PA, dall'altro dagli obblighi nei confronti dei proprio fornitori e dipendenti.
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